La fiaba di Baba Jagà


La più famosa tra i cattivi delle fiabe della mitologia slava è la cannibale Baba Jagà. Ancora oggi i genitori spaventano i bambini disobbedienti, minacciando l’arrivo di questa vecchia strega, che se li porterà via nella sua isba, li metterà nella stufa e dopo averli ben cotti, se li papperà.
All’inizio Baba Jagà era una specie di traghettatrice tra il mondo dei morti e quello dei vivi e la sua figura si associava all’eredità degli antenati. E a questo rimanda la sua principale caratteristica: vive in una piccola isba che si regge su zampe di gallina. Da dove proviene una simile bizzarra costruzione? Quando gli antichi slavi seppellivano i morti, preparavano per il defunto una piccola casetta simbolica, posta su alti ceppi, i quali in qualche modo, effettivamente ricordavano delle zampe di gallina.
Baba Jagà viveva dunque nel rifugio dei morti. E in quanto custode dell’esperienza terrena degli avi, celebrava il rito di iniziazione dei ragazzi alla guerra, e questo rituale prevedeva dure prove fisiche e punizioni corporali. Proprio per questo, nell’antichità, temevano Baba Jagà sia i ragazzini, sia le loro madri. Ma era solo dopo questo rito che i giovani diventavano veri uomini, fatti e finiti.

In tutte le fiabe russe i giovanotti si imbattono in Baba Jagà, dopo essere partiti alla ricerca della loro fidanzata rapita, e se riescono a sfuggire alla morte e a superare tutte le prove imposte dalla maliarda, allora lei dà loro saggi consigli, su come riavere indietro l’amata scomparsa.
Fattucchiera e cannibale, Baba Jagà è invece diventata solo su influenza della religione cristiana (la conversione al cristianesimo della Rus’ di Kiev si fa convenzionalmente risalire al 988), i cui predicatori, con grande impegno, cercarono di cancellare dalla mente degli slavi ogni immagine positiva legata alla antica custode della stirpe. Ma, pur avendo mutato ruolo, non ha smesso di essere estremamente spaventosa!

- Fiaberella
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